Analogie tra un clamoroso flop discografico dei Guns N’ Roses e l’inalterato successo popolare cinese
Capita che un giorno un uomo si rechi in Cina e casualmente scorga, accostata ad un muro, una bicicletta riferente la dicitura Guns N’ Roses: nulla di apparentemente strano, se non che proprio il soggetto di cui parliamo, vocalist nonché vero e proprio frontman della suddetta band, decide presto di scattarne una foto che diverrà la copertina del suo prossimo album: Chinese Democracy. Mai titolo – unico merito espressivo dell’intera opera – fu invero più azzeccato quanto simultaneamente antinomico, giacché effettivamente sarcastico, al reale oggetto d’ispirazione nonché al clima relazionale spartito dalla sua infelice genesi, seguita ad una sofferta gestazione protrattasi (pressoché una quindicina d’anni) dal 1993 al 2008: anno definitivo d’uscita, tra il 21 e il 23 novembre, dell’album, rivelatosi un clamoroso insuccesso concorde di critica e pubblico. Tanto da produrre la consueta ma ipotizzabile uscita di scena dell’ormai ultimo superstite abilitato a fregiarsi, benché ignobilmente, del nome (dei cui diritti è, suo malgrado, l’unico detentore) della band formatasi a Los Angeles nel lontano marzo del 1985, tra la comune indigenza di cinque giovanissimi musicisti esordienti senza un dollaro in tasca. Viceversa ai tredici milioni malamente investiti per la realizzazione del più recente posticcio lavoro, di cui il New York Times riportò che “il più caro a essere mai stato registrato, non sta riscontrando enormi vendite: in Cina fu addirittura bollato e censurato come un “attacco velenoso a Pechino”. Come confermato dalla testata del partito comunista The Global Times, in un articolo dal titolo “Album di un gruppo americano attacca la Cina”: nazione che, a ciò scrivere, prefigurava persino l’ipotesi – per i sani di mente ovviamente improbabile – di una congiura delle potenze occidentali per “controllare il mondo usando la democrazia come una scusante”; e non, invece e molto più spontaneamente, la psicopatia dell’artefice. Al secolo William Bailey, meglio noto col nome de plume Axl Rose: d’altronde cos’altro attendersi da un soggetto il cui anagramma – secondo una leggenda metropolitana – è oral sex, corrispettivo inglese di fellatio e/o cunnilingus? Malgrado la sua vicenda biografica attesti parimenti reali sodomie subite e imposte, nell’ambiguità psicofisica del caso: fisica al gentil sesso e psichica a tutti quanti gli siano stati sinora accanto. Tra cui gli ex membri del gruppo da lui snervati sino a scaturirne, uno appresso all’altro, il risolutivo abbandono che lo costrinse a cercare sempre nuovi strumentisti per ultimare un lavoro che patisce difatti moltissimo dell’assenza di carisma propria dei Guns originali: i cui componenti attualmente patiscono – chi più chi meno – un inevitabile declino professionale, incapaci di riacquisire quell’epocale ascesa che tutti assieme li condusse, dall’87 al ’93, a conseguire le più alte cime musicali da cui non proprio accidentalmente rotolarono per quell’inusuale quanto imprevedibile obbrobrio di cover punk rock, ossia The Spaghetti Incident?; principio della fine, come nuova risalita voleva attestarsi l’anomalo ultimogenito, musicalmente analogo all’incresciosa situazione politica cinese, repubblica popolare già secolarmente retta da nazionalismi autoritaristi e tuttora inossidabilmente gestita – dal remoto 1949 – dal Partito Comunista più grande del mondo, con i suoi oltre sessantasei sinistri milioni d’iscritti. Non solo numeri, ma anzitutto (forse!) individui, benché tra essi praticamente irriconoscibili, quasi clonati come Chinese Democracy, che complessivamente evidenzia una quasi mestamente ineluttabile decaduta nel pop “giustificabile” dall’opulenza dei tempi correnti e, in talune tracce, persino riff vagamente campionati laddove non direttamente ripresi dall’ultimo vero lavoro. Di Use your illusion, doppia ed esaltante fatica del 1991, se ne risente parecchio l’influenza, anche in virtù della contiguità temporale nella composizione dei brani, tutte pensati tra il 1993 e il 1998, ossia nel periodo immediatamente successivo l’uscita di quegli ultimi già citati e contemporaneamente al progressivo scioglimento del gruppo originario: di cui è rimasto – oltre Axl – solo il tastierista Dizzy Reed, l’unico che – a quanto percepiamo – riesca a tollerare manie e fobie di Rose. Gli altri disertarono pro tempore come moltissimi figli di Mao tuttora fuggono da un paese davvero irriducibile, benché sporadiche dichiarazioni ufficiali rilasciate dalle autorità politiche vogliano una struttura democratica tuttora incompiuta (ne fu riprova la pessima reazione alla notizia dell’assegnazione del Premio Nobel per la pace al dissidente Liu Xiaobo), poiché nonostante negli ultimi quinquenni il governo abbia provveduto ad una serie di riforme garanti un libero mercato, languiscono tuttavia libertà politiche e civili nella sfera dei fondamentali diritti umani: di cui, attualmente, paiono chiaramente sguarniti i suoi stessi cittadini, stando a ripetute violazioni e abusi delle norme generalmente riconosciute dai trattati internazionali. Diverse fonti narrano come nelle carceri laogai sussistano condizioni disumane sfioranti lo schiavismo e comprensive di tortura e lavaggio del cervello nonché – assurdo oltre ogni immaginazione – il più elevato numero di esecuzioni capitali, in ogni sua provincia: la pena di morte miete difatti ancora qualche migliaio di vittime all’anno; dalla maggior parte delle quali vengono contro legge espiantati, quasi sempre non consensualmente, organi destinati ad incrementare il globale traffico illegale, come i demo circolanti sul web prima dell’uscita dell’album, che i legali di Rose fecero immediatamente rimuovere, con i mezzi economici del cantante certo anche consoni all’uomo reo d’aver inoltre ucciso il nascituro che una delle sue mogli avrebbe custodito in grembo. Il piccolo sventurato sarebbe ufficialmente stato il suo primogenito e non un successivo minore, in regolamentare ossequio alla pianificazione familiare obbligatoria voluta da Mao Zedong e regolata dal 1979 dall’apposita “Legge eugenetica e protezione della salute”, che prevede un massimo di un figlio nelle zone urbane e due in quelle rurali, mentre in quelle più montane – quali il Tibet – s’assiste all’occupazione militare per reprimere l’opera morale di sensibilizzazione mondiale voluta e condotta dal Dalai Lama. Ma ogni singolo accadimento v’appare lì quasi un nonnulla, dinanzi l’onnicomprensiva visione dei fatti: quella che qui pare proprio offuscata o meglio mascherata, come la libertà d’informazione che costringeva Google ad obnubilare talune ricerche condotte in territorio virtuale cinese. Finché intorno a metà dicembre 2009 misteriose – quanto però mancate – offensive informatiche “gialle” (come la lunga chioma del burbero cantante) probabilmente indotte ad accedere agli account Gmail di svariati attivisti cinesi per i diritti umani, che spinse il colosso americano (perplesso dalle indagini interne capaci di rilevare solo qualche convenuto e fittizio capro espiatorio, nonché dal disaccordo nel proseguire ad offuscare alcuni specifici risultati dalle sue ricerche) a chiudere il dominio google.cn: Axl prenda saggiamente esempio e smetta di esibirsi stupidamente laddove non sussistono più le condizioni, oltretutto vocali, per farlo. Quella nel cd suona difatti una voce parecchio filtrata tanto pesantemente quanto le notizie dalla Cina e, soprattutto, è sacrilegamente priva di quella contrassegnante raucedine naturale ormai perduta e capace di esaltarne, un tempo, la straordinaria abilità interpretativa. A scomparire aveva tuttavia anche meditato, rendendosi irreperibile nei mesi successivi l’uscita di un album – giustamente – poco pubblicizzato e pertanto scarsamente noto se non agli aficionados, per i quali si configurava come un prodotto già anzianotto, conoscendolo parzialmente dal web: neppure questo possono invece i numerosi fan cinesi, giacché il sito di MySpace della band fu appositamente oscurato come quel rude volto vichingo timoroso di mostrarsi dopo il mastodontico flop discografico, irriverente al cospetto dell’inalterato successo popolare cinese. Di cui l’album serba il preterintenzionale fanatismo ideologico del megalomane che l’ha letteralmente coprodotto: come in ogni sistema dittatoriale e totalitarista, come il dirigismo assolutista di Axl nel pretendere ogni diritto del marchio Guns N’ Roses e, con esso, l’epilogo stesso del nome …
Roberto Scaglione
P.S. Ho fatto un pezzo sui Guns: non è una cover. E’ palloso. Più dell’album. Ho atteso oltre un lustro per pronunciarmi – senza dir nulla, come mio solito – in merito a quella singola corbelleria dal duplice attributo ma senza palle; da allora, purtroppo, l’album non s’è ancora reso granché udibile, riserbando di chinese solo la copertina: in parallelo la cacofonica dittatura mandarina preserva, della democracy, la sola utopia.
Capita che un giorno un uomo si rechi in Cina e casualmente scorga, accostata ad un muro, una bicicletta riferente la dicitura Guns N’ Roses: nulla di apparentemente strano, se non che proprio il soggetto di cui parliamo, vocalist nonché vero e proprio frontman della suddetta band, decide presto di scattarne una foto che diverrà la copertina del suo prossimo album: Chinese Democracy. Mai titolo – unico merito espressivo dell’intera opera – fu invero più azzeccato quanto simultaneamente antinomico, giacché effettivamente sarcastico, al reale oggetto d’ispirazione nonché al clima relazionale spartito dalla sua infelice genesi, seguita ad una sofferta gestazione protrattasi (pressoché una quindicina d’anni) dal 1993 al 2008: anno definitivo d’uscita, tra il 21 e il 23 novembre, dell’album, rivelatosi un clamoroso insuccesso concorde di critica e pubblico. Tanto da produrre la consueta ma ipotizzabile uscita di scena dell’ormai ultimo superstite abilitato a fregiarsi, benché ignobilmente, del nome (dei cui diritti è, suo malgrado, l’unico detentore) della band formatasi a Los Angeles nel lontano marzo del 1985, tra la comune indigenza di cinque giovanissimi musicisti esordienti senza un dollaro in tasca. Viceversa ai tredici milioni malamente investiti per la realizzazione del più recente posticcio lavoro, di cui il New York Times riportò che “il più caro a essere mai stato registrato, non sta riscontrando enormi vendite: in Cina fu addirittura bollato e censurato come un “attacco velenoso a Pechino”. Come confermato dalla testata del partito comunista The Global Times, in un articolo dal titolo “Album di un gruppo americano attacca la Cina”: nazione che, a ciò scrivere, prefigurava persino l’ipotesi – per i sani di mente ovviamente improbabile – di una congiura delle potenze occidentali per “controllare il mondo usando la democrazia come una scusante”; e non, invece e molto più spontaneamente, la psicopatia dell’artefice. Al secolo William Bailey, meglio noto col nome de plume Axl Rose: d’altronde cos’altro attendersi da un soggetto il cui anagramma – secondo una leggenda metropolitana – è oral sex, corrispettivo inglese di fellatio e/o cunnilingus? Malgrado la sua vicenda biografica attesti parimenti reali sodomie subite e imposte, nell’ambiguità psicofisica del caso: fisica al gentil sesso e psichica a tutti quanti gli siano stati sinora accanto. Tra cui gli ex membri del gruppo da lui snervati sino a scaturirne, uno appresso all’altro, il risolutivo abbandono che lo costrinse a cercare sempre nuovi strumentisti per ultimare un lavoro che patisce difatti moltissimo dell’assenza di carisma propria dei Guns originali: i cui componenti attualmente patiscono – chi più chi meno – un inevitabile declino professionale, incapaci di riacquisire quell’epocale ascesa che tutti assieme li condusse, dall’87 al ’93, a conseguire le più alte cime musicali da cui non proprio accidentalmente rotolarono per quell’inusuale quanto imprevedibile obbrobrio di cover punk rock, ossia The Spaghetti Incident?; principio della fine, come nuova risalita voleva attestarsi l’anomalo ultimogenito, musicalmente analogo all’incresciosa situazione politica cinese, repubblica popolare già secolarmente retta da nazionalismi autoritaristi e tuttora inossidabilmente gestita – dal remoto 1949 – dal Partito Comunista più grande del mondo, con i suoi oltre sessantasei sinistri milioni d’iscritti. Non solo numeri, ma anzitutto (forse!) individui, benché tra essi praticamente irriconoscibili, quasi clonati come Chinese Democracy, che complessivamente evidenzia una quasi mestamente ineluttabile decaduta nel pop “giustificabile” dall’opulenza dei tempi correnti e, in talune tracce, persino riff vagamente campionati laddove non direttamente ripresi dall’ultimo vero lavoro. Di Use your illusion, doppia ed esaltante fatica del 1991, se ne risente parecchio l’influenza, anche in virtù della contiguità temporale nella composizione dei brani, tutte pensati tra il 1993 e il 1998, ossia nel periodo immediatamente successivo l’uscita di quegli ultimi già citati e contemporaneamente al progressivo scioglimento del gruppo originario: di cui è rimasto – oltre Axl – solo il tastierista Dizzy Reed, l’unico che – a quanto percepiamo – riesca a tollerare manie e fobie di Rose. Gli altri disertarono pro tempore come moltissimi figli di Mao tuttora fuggono da un paese davvero irriducibile, benché sporadiche dichiarazioni ufficiali rilasciate dalle autorità politiche vogliano una struttura democratica tuttora incompiuta (ne fu riprova la pessima reazione alla notizia dell’assegnazione del Premio Nobel per la pace al dissidente Liu Xiaobo), poiché nonostante negli ultimi quinquenni il governo abbia provveduto ad una serie di riforme garanti un libero mercato, languiscono tuttavia libertà politiche e civili nella sfera dei fondamentali diritti umani: di cui, attualmente, paiono chiaramente sguarniti i suoi stessi cittadini, stando a ripetute violazioni e abusi delle norme generalmente riconosciute dai trattati internazionali. Diverse fonti narrano come nelle carceri laogai sussistano condizioni disumane sfioranti lo schiavismo e comprensive di tortura e lavaggio del cervello nonché – assurdo oltre ogni immaginazione – il più elevato numero di esecuzioni capitali, in ogni sua provincia: la pena di morte miete difatti ancora qualche migliaio di vittime all’anno; dalla maggior parte delle quali vengono contro legge espiantati, quasi sempre non consensualmente, organi destinati ad incrementare il globale traffico illegale, come i demo circolanti sul web prima dell’uscita dell’album, che i legali di Rose fecero immediatamente rimuovere, con i mezzi economici del cantante certo anche consoni all’uomo reo d’aver inoltre ucciso il nascituro che una delle sue mogli avrebbe custodito in grembo. Il piccolo sventurato sarebbe ufficialmente stato il suo primogenito e non un successivo minore, in regolamentare ossequio alla pianificazione familiare obbligatoria voluta da Mao Zedong e regolata dal 1979 dall’apposita “Legge eugenetica e protezione della salute”, che prevede un massimo di un figlio nelle zone urbane e due in quelle rurali, mentre in quelle più montane – quali il Tibet – s’assiste all’occupazione militare per reprimere l’opera morale di sensibilizzazione mondiale voluta e condotta dal Dalai Lama. Ma ogni singolo accadimento v’appare lì quasi un nonnulla, dinanzi l’onnicomprensiva visione dei fatti: quella che qui pare proprio offuscata o meglio mascherata, come la libertà d’informazione che costringeva Google ad obnubilare talune ricerche condotte in territorio virtuale cinese. Finché intorno a metà dicembre 2009 misteriose – quanto però mancate – offensive informatiche “gialle” (come la lunga chioma del burbero cantante) probabilmente indotte ad accedere agli account Gmail di svariati attivisti cinesi per i diritti umani, che spinse il colosso americano (perplesso dalle indagini interne capaci di rilevare solo qualche convenuto e fittizio capro espiatorio, nonché dal disaccordo nel proseguire ad offuscare alcuni specifici risultati dalle sue ricerche) a chiudere il dominio google.cn: Axl prenda saggiamente esempio e smetta di esibirsi stupidamente laddove non sussistono più le condizioni, oltretutto vocali, per farlo. Quella nel cd suona difatti una voce parecchio filtrata tanto pesantemente quanto le notizie dalla Cina e, soprattutto, è sacrilegamente priva di quella contrassegnante raucedine naturale ormai perduta e capace di esaltarne, un tempo, la straordinaria abilità interpretativa. A scomparire aveva tuttavia anche meditato, rendendosi irreperibile nei mesi successivi l’uscita di un album – giustamente – poco pubblicizzato e pertanto scarsamente noto se non agli aficionados, per i quali si configurava come un prodotto già anzianotto, conoscendolo parzialmente dal web: neppure questo possono invece i numerosi fan cinesi, giacché il sito di MySpace della band fu appositamente oscurato come quel rude volto vichingo timoroso di mostrarsi dopo il mastodontico flop discografico, irriverente al cospetto dell’inalterato successo popolare cinese. Di cui l’album serba il preterintenzionale fanatismo ideologico del megalomane che l’ha letteralmente coprodotto: come in ogni sistema dittatoriale e totalitarista, come il dirigismo assolutista di Axl nel pretendere ogni diritto del marchio Guns N’ Roses e, con esso, l’epilogo stesso del nome …
Roberto Scaglione
P.S. Ho fatto un pezzo sui Guns: non è una cover. E’ palloso. Più dell’album. Ho atteso oltre un lustro per pronunciarmi – senza dir nulla, come mio solito – in merito a quella singola corbelleria dal duplice attributo ma senza palle; da allora, purtroppo, l’album non s’è ancora reso granché udibile, riserbando di chinese solo la copertina: in parallelo la cacofonica dittatura mandarina preserva, della democracy, la sola utopia.